Sono della cultura formale occidentale la simmetria, l'equilibrio, la chiusura del cerchio. Tutte le espressioni d'arte di questo angolo di pianeta sono state ispirate fin dall'antichità al concetto di giusta proporzione. Un concetto che nella cultura orientale è letteralmente sovvertito, poiché vi governa l'osservazione della Natura, che in "ordine" (come lo intendiamo noi) non è mai.
La Natura infatti è molto ben indagata nelle culture orientali, che vedono l'uomo soltanto come uno degli elementi di un tutto armonico ma non necessariamente equilibrato, e soprattutto un tutto dinamico, in continua evoluzione, e non fotografato staticamente nel momento della perfezione.
Per capirci basta un semplice esempio: avete mai pensato a come viene composto normalmente un vaso di fiori in Occidente e in Giappone?
In Occidente innanzitutto è bene che siano tanti, vengono messi in maniera centrica all'interno di un vaso alto (il tutto deve essere ben visibile), a formare una composizione il più possibile tondeggiante e colorata : il nostro caro cerchio che tutto chiude in una soluzione rassicurante, e che strabilia per eccentricità e colore. Si potrebbe dire per "rumore".
In Giappone, dove governa la cultura Zen, il comporre fiori è un'arte, si chiama Ikebana: i fiori (o i rami) sono di solito pochissimi, e vengono composti in un vaso basso, secondo tre assi principali che assomigliano a un sistema di ascisse e ordinate tridimensionale X, Y e Z, a rappresentare la direzione delle forze che in Natura, prima che venissero recisi, ne governavano l'esistenza. Il risultato normalmente è perfetto nella sua essenzialità: è un risultato strabiliante non per rumore ma per silenziosità, e per la sua capacità dinamica di "ascolto".
In Europa i fiori vengono buttati via appena perdono smalto o cominciano a reclinare il capo (tutto deve essere perfetto, la stanchezza o la vecchiaia sono delle colpe), in Giappone vengono lasciati in pace fino perdere qualche petalo. Il ciclo di vita di qualunque cosa viene indagato, accettato, rispettato, riprodotto, nella consapevolezza che nulla resta mai identico a sé stesso, e nulla può mai veramente considerarsi compiuto, e ogni momento dell'esistenza ha il suo fascino e la sua ragione d'essere.
Il recupero di questo atteggiamento Zen può essere a tutti noi molto utile in questo periodo di rallentamento della corsa quotidiana: il mito della velocità e della performance che ci affliggono, ci portano a non rilassarci mai veramente. Il fatto che in questo periodo le cose stiano andando male alla maggior parte di noi, porta con sé il rischio che non ci si senta mai di aver fatto abbastanza, e che non ci si possa fermare, e che tutto debba essere fatto ancora meglio di come lo abbiamo fatto, e che la vacanza (che vuol dire assenza) non sia una dimensione pienamente meritata. È un errore.
Proviamo invece a togliere il più possibile dalla nostra giornata, a stare in silenzio, a comporre il nostro Ikebana essenziale fatto di osservazione, riposo e pensieri lenti, aspettandone anche la caduta delle prime foglie. Perché tutto, per rinascere, deve prima appassire un po' e andare in letargo. Prima che torni la primavera. Che torna, sempre.